Uno scatto, quasi un raptus. Ignazio La Russa alza il braccio, serra le dita e mostra il pugno chiuso: una, due, tre volte di seguito. «È lui vero? È lui vero?», ripete quasi ossessivamente davanti alle telecamere di La7. Ricapitoliamo: il colonnello di Fratelli d’Italia è collegato con Myrta Merlino a L’aria che tira. La regia, perfidamente, lo sottopone a una sorta di kubrickiana Cura Ludovico: deve ascoltare ampi stralci dell’intervento di Jean-Luc Mélenchon, il populista comunista francese (che, per inciso, ha creato parecchi guai a Emmanuel Macron e che di fatto ha cancellato i socialisti dal panorama politico transalpino), calato in Italia per dare una mano a Luigi De Magistris, candidato capofila di Unione popolare. Un connubio che manderebbe in tilt anche i più moderati, figurarsi un tipo come Ignazio.
«Mi hanno detto: cosa vai a fare laggiù? Io dovevo rimanere nel mio letto mentre voi affrontate i fascisti? Chi non ama la bellezza non ama l’Italia? Chi si sente erede dell’umanesimo non vuole difendere l’Italia in questo momento?», arringava la folla il rosso francese in trasferta. E ancora: «Pensate davvero che sarà la destra a mettervi la ministra nel piatto?».
Una chiamata alle armi che trova pronto La Russa, sull’altro fronte. «Se lo cube lui… Mélenchon è quello del pugno chiuso con De Magistris, giusto? I conti con la storia certuni non li fanno mai. Sono advert altri che vengono chiesti».
Quindi un momento da consegnare alla piccola storia della politica in television. Il meloniano brandisce il pugno chiuso, e rincara: «Viene a dare lezioni a noi». «La fiamma nel simbolo però ce l’avete voi», lo provoca dallo studio Manlio Di Stefano, ex grillino che ha seguito Di Maio in Impegno civico. «Tu sei troppo giovane – lo rimprovera La Russa -. Ragazzi miei, la fiamma è un simbolo nato nel Dopoguerra ed è la costante di tutti i movimenti politici di destra, non ha niente a che vedere col fascismo».