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Canzoni e album sulla Regina Elisabetta: da God save the queen a the queen is lifeless

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Un’icona pop con una resistenza da rockstar. L’immagine della regina Elisabetta II rimarrà per sempre intrecciata a tutti i fenomeni culturali che hanno segnato gli oltre settant’anni di storia mondiale, durante i quali è stata saldamente sul trono d’Inghilterra. Ma fra tutte le sette arti, forse è la musica quella con cui la monarca ha avuto un rapporto più profondo, da quando il 26 ottobre del 1965, i Beatles ricevettero uno dei più importanti onori inglesi, il titolo di Baronetti dell’Ordine dell’Impero Britannico. Un evento che fece scandalo, ma la lista negli anni si è allungata con star come Ed Sheeran, Adele e Sting.

E che la musica fosse una delle passioni della sovrana non è mai stato un mistero: lo scorso anno ha fatto scalpore la notizia dell’acquisto dei diritti d’autore di oltre 24mila brani da parte della regina attraverso un fondo di investimento. Inoltre, spesso nel cortile di Buckingham Palace, a Londra, sono risuonate le notice di grandi hit suonate dalla guardia reale, come Bohemian rhapsody dei Queen o I might do something for love (However I will not do this) di Meat Loaf. Il rapporto di Sua maestà con il mondo della musica, però, è stato altalenante nel corso degli anni, e a volte Elisabetta è anche finita in alcuni brani molto dissacranti, come nel caso del classico dei Intercourse Pistols, God save the queen o nella ancora più dura The queen is lifeless degli Smiths.

I (tanti) baronetti della musica

Il 26 ottobre 1965 Elisabetta non aveva ancora 40 anni anni e decise di insignire del titolo di baronetti quattro ragazzi di Liverpool poco più che ventenni. Erano i Beatles, che ricevettero direttamente dalla regina l’onorificenza. All’epoca quel gesto regale fu uno scandalo per gli altri detentori. La notizia scatenò l’ira di molti, tanto che alcuni membri restituirono il titolo; non solo, a peggiorare la situazione durante la conferenza stampa che seguì la cerimonia, John Lennon ammise che poco prima della cerimonia si erano fatti una canna nei bagni di Buckingham Palace. Gli altri smentiranno più volte l’aneddoto e Lennon restituirà il titolo nel ’69 in polemica con l’appoggio inglese alla guerra in Vietnam. Ma non fu che l’inizio.

Il 7 dicembre 2017 Ed Sheeran è stato tra gli ultimi a ricevere la prestigiosa onorificenza britannica del MBE, Member of British Empire, per i suoi servizi alla musica. Advert appuntare la medaglia al petto del cantante 26enne è stato Carlo d’Inghilterra, Principe del Galles. “Mio nonno period un monarchico convinto – disse il cantante – è morto esattamente quattro anni fa, e penso che sarebbe stato fiero di me”. In precedenza il titolo period stato conferito anche a David Bowie e Paul Weller che però avevano preferito declinare la proposta. Ma molti altri hanno accettato

Cliff Richard, considerato il cantante più popolare del Regno Unito, è ufficiale dell’Ordine dal 1980 e Cavaliere dal 1995. Elton John venne insignito Cavaliere di Gran Croce (GBE) dalla Regina d’Inghilterra il 24 febbraio 1998.

Il cantante e attore gallese Tom Jones è stato insignito dell’onorificenza di Ufficiale dell’ordine dell’Impero Britannico (OBE) il 31 dicembre 1998 e nel 2005 di quella di Cavaliere. Mick Jagger è stato insignito del titolo di Cavaliere il 12 dicembre 2003. La sua decisione di accettare l’onorificenza di Buckingham Palace è stato motivo di critica da parte del chitarrista dei Rolling Stones Keith Richards.

La regina Elisabetta e il tè con l’orso Paddington: il video a sorpresa che ha aperto il concerto del Giubileo

Il chitarrista e cantante storico dei Pink Floyd Dave Gilmour è stato nominato Commendatore dell’Ordine dell’Impero Britannico (CBE) nel 2003. Sting, ex chief dei Police, è stato nominato Cavaliere dalla regina Elisabetta nel 2003.

Rod Stewart è stato nominato nel 2007 Commendatore dell’Ordine dell’Impero Britannico e nel 2016 ha ottenuto il titolo di Sir dalla regina Elisabetta. La cantante Kate Bush è stata insignita Commendatrice dell’Ordine dell’Impero Britannico, CBE, il 28  dicembre 2012. La popstar Adele è stata insignita della prestigiosa onorificenza britannica dell’MBE, Member ff British Empire, nel dicembre 2013.

La regina nelle canzoni

Tutto il regno di Elisabetta è stato contrassegnato da un rapporto di amore e odio con il mondo della musica. Un eccezionale inglese d’adozione, il mancino di Seattle Jimi Hendrix, nel 1970 fece alzare in piedi il pubblico dell’Isola di Wight sulle notice dell’inno God save the queen. Che sfumava nella Sgt. Pepper‘s dei Beatles. Ma il rock britannico degli anni Settanta avrà un’altra regina: Freddie Mercury, suddito della corona di Zanzibar, chief dei Queen, interprete di una graffiante Killer queen e imitatore con tanto di testa coronata.

‘Bohemian Rhapsody’, Rami Malek è Freddie Mercury – trailer

Di tutt’altra portata l’attacco alla Union Jack perpetrato il 27 maggio del 1977 dai Intercourse Pistols con il loro secondo singolo, God save the queen, brano poi successivamente incluso nel loro album di debutto (nonché unico vero e proprio disco pubblicato dalla punk band britannica: By no means thoughts the bollocks, che sarebbe giunto poi nel mese di ottobre del medesimo anno. Il brano è un attacco alla monarchia e alla figura (sfregiata) della regina Elisabetta II – già a partire dalla copertina del singolo, opera di Jamie Reid e divenuta una vera icona pop. “Dio salvi la Regina / e il regime fascista/ Hanno fatto di te un deficiente / una potenziale bomba H”. La Regina incassò senza scomporsi. Sempre restando dalle parti del punk, ancora più duri (e volgari) furono gli Exploited con la loro Royalty.

Una canzone più politica e disperata fu quella degli Housemartins con la loro Flag day: “Prova a scuotere una scatola davanti alla regina / Perché la sua borsa è grassa e le cuciture scoppiano / È una perdita di tempo se capisci cosa significa”.

Più divertente e satirica la canzone di Leon Rosselson, On her silver jubilee, parla della promessa di una nuova alba dopo la sua incoronazione nel 1953 confrontandola con la realtà logora del giubileo d’argento nel 1977: “E non si è mai occupata dell’Agenzia delle Entrate/ Anche se è regalmente ricompensata per le cose che non fa”, cantava.

Più concettuali i Primal Scream con Insect royalty. Intrecciate su ritmi inquietanti e dubby, le ripetizioni di Bobby Gillespie parlano di “insetti reali che vivono dentro di me”. Una metafora, forse, dell’impotenza di essere nati in un Paese ancora governato dalla linea di sangue piuttosto che dal merito.

Billy Bragg con la sua Rule nor cause vede la sovrana come una figura tragica più che odiosa: “La regina sul suo trono suona i dischi di Shirley Bassey quando è da sola / E guarda fuori dalla finestra e piange”, cantava su fisarmoniche lugubri.

‘Pistol’, su Disney+ la serie dedicata ai Intercourse Pistols

I baronetti Beatles, con la traccia-fantasma inserita da Paul McCartney a chiusura di Abbey Street hanno intonato una delle poche canzoni nella cultura popolare che fa riferimento alla regina in un modo che va dal neutro al positivo. Qui, sua maestà è una “bella ragazza” anche se “non ha molto da dire”.

Un breve e dolce interludio di un minuto sull’omonimo lp di debutto degli Stone Roses, Elizabeth my pricey offre un tagliente ritornello in filastrocca sulle notice dello customary inglese Scarborough truthful: “Non mi fermerò finché non avrà perso il trono / Il mio scopo è vero / Il mio messaggio è chiaro / Sono tende per te Elizabeth mia cara”.

I Manic Road Preachers con la loro Repeat (Stars and stripes) prendono di mira la monarchia e il suo potere tramandato e si lanciano in un assalto feroce. “L’ho già visto accadere prima/ Questo è un messaggio dall’Inghilterra occupata”, inizia prima di esplodere in una chiamata alle armi: “Ripeti dopo di me, ‘Fuck queen and nation'”.

Nel 1986 tornerà sul pezzo il signor Morrissey da Manchester, frontman degli Smiths, che con la monarchia inglese non è mai stato tenero, al punto da definirla “contro ogni nozione di democrazia”. Una canzone e un album con lo stesso provocatorio titolo: “The Queen is lifeless”, la regina è morta e suggeriva per la sovrana inglese la stessa tremendous di Maria Antonietta. “Mi dispiace davvero, ma sembra una cosa meravigliosa”, cantava. Ma nulla di tutto questo ha però compromesso la popolarità della regina. Come hanno dimostrato i festeggiamenti per il giubileo.

Il giubileo di platino

Il 4 giugno di quest’anno una parata di star, un grande present di luci e le evoluzioni dei droni hanno entusiasmato la folla assiepata davanti a Buckingham Palace per celebrare gli storici 70 anni di regno della Regina. I Queen, Alicia Keys, Andrea Bocelli, i Duran Duran, Elton John, Diana Ross, Rod Stewart e molti altri avevano sfilato sul palco per lo spettacolo che chiudeva la terza e penultima giornata dei festeggiamenti del Giubileo di platino.

A sorpresa, la regina Elisabetta II aveva aperto il concerto comparendo in video con l’orso Paddington, l’amato personaggio della letteratura inglese per bambini creato da Michael Bond. Non period stata la sua prima volta in versione “attrice”: per le Olimpiadi del 2012 la sovrana aveva interpretato se stessa come se fosse la protagonista di un movie di 007. Prima scortata da Daniel Craig, alias James Bond, a Buckingham Palace e poi in versione paracadutista sopra lo stadio in cui si tenne la cerimonia di inaugurazione dei Giochi.

Nella sequenza con Paddington, l’orso offriva il suo tipico sandwich alla marmellata, ma la regina rifiutava dicendo di averne uno nella borsetta nera, pronto per ogni evenienza. Subito dopo, un maggiordomo avvisava la monarca che all’esterno period tutto pronto per la festa.

“Buon Giubileo, signora. E grazie. Di tutto” diceva l’orso Paddington. Sua Maestà rispondeva con un sorriso: “Lei è molto gentile”. Poi i due usano un cucchiaino d’argento sui loro piattini da tè per battere il tempo del brano dei Queen We’ll rock you che aveva aperto il concerto del Giubileo davanti a Buckingham Palace. Ma non period la prima volta che brani rock risuonavano nel cortile del Palazzo.

Il rock a Buckingham Palace

Molti sono stati gli omaggi tributati a Meat Loaf, scomparso agli inizi di gennaio 2022 la scorsa settimana alla età di 74 anni. Uno dei più originali ed inaspettati è stato indubbiamente quello

rivoltogli dalla banda della

Quest’anno la guardia della regina britannica Elisabetta II ha eseguito una versione di I might Do Something for love (However I will not do this) dell’americano Meat Loaf, per rendere omaggio al musicista scomparso agli inizi di gennaio 2022

Lo scorso 7 gennaio, la banda ha accompagnato il celebre momento del cambio della guardia intonando come sottofondo la rivisitazione in chiave classica di Bohemian rhapsody dei Queen con grande sorpresa per tutti i turisti che in quel momento si erano riuniti davanti al cortile centrale del palazzo.

In passato la banda aveva eseguito un brano degli Abba Dancing queen (riferimento alla Regina Elisabetta) e, in occasione della morte di Aretha Franklin, aveva eseguito uno dei brani più famosi della grande cantante: Respect.

La playlist di Elisabetta

In occasione del suo compleanno, nel 2018 la regina ha permesso ai suoi sudditi e al mondo di dare uno sguardo più ravvicinato sui suoi gusti musicali. Elisabetta diede la lista delle sue 10 canzoni preferite alla Bbc, che dedicò un intero programma al suo rapporto con la musica, Our queen: 90 musical years. Nella lista c’period un po’ di tutto, con una propensione particolare per i musical come Oklahoma e Annie Get. “La regina è una ballerina provetta, piena di ritmo”, disse a proposito la cugina Girl Elizabeth Anson alla Bbc.

1. Oklahoma di Howard Keel (1947)
2. Something you are able to do (Annie get your gun) di Dolores Grey (1948)
3. Sing di Gary Barlow & The Commonwealth Band that includes Navy Wives (2012)
4. Cheek to cheek di Fred Astaire (1935)
5. The white cliffs of dover di Vera Lynn (1942)
6. Leaning on a lamp put up di George Formby (1937)
7. Reward, my soul, the king of heaven (Inno) (sec. XIX)
8. The Lord is my shepherd (Inno) (sec. XIX)
9. Medley di Lester Lanin (1958)
10. Regimental coldstream march di Milanollo (1845)

La regina e il enterprise della musica

Ma la musica, per Elisabetta II è stato anche enterprise. Lo scorso anno ha fatto il giro del mondo la notizia della regina d’Inghilterra principale acquirente dei diritti d’autore di un nutritissimo catalogo composto da oltre 24mila brani, in cui spiccano alcuni tra i successi planetari degli ultimi quarant’anni con autori e interpreti come Beyoncé (Put a hoop on it), Bruce Springsteen, Rihanna (Umbrella), Elton John, Weapons N’ Roses, Bon Jovi (Dwelling on a prayer), Eurythmics (Candy dream), Justin Timberlake e la famosissima All I would like for Christmas di Mariah Carey. Brani che fruttano ogni anno centinaia di milioni di sterline per ogni “click on”.

La sovrana ha acquisito i diritti d’autore sulla canzoni attraverso il Fondo di investimento della Chiesa anglicana, CCLA Funding Administration, governato di fatto da lei. Socio nell’affare un altro insospettabile appassionato di musica ma soprattutto di investimenti: Justin Welby, di professione arcivescovo di Canterbury, uno dei principali azionisti di Hipgnosis Songs Fund, fondo che gestisce le royalties di un enorme catalogo. A suggerire l’investimento sarebbe stato Merck Mercuriadis, uno dei più famosi dirigenti e imprenditori dell’industria musicale canadese-americana oltre che fondatore della stessa Hipgnosis.

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