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È stato Alain Ducasse, lo scorso anno con l’apertura del Grand Contrôle, a riportare Versailles agli onori delle cronache gastronomiche. L’hotel-ristorante ha trovato posto nell’ala del castello che un tempo ospitava gli appartamenti del Contrôleur Général, il Ministro delle finanze del re di Francia, e propone un’esperienza immersiva nel Grand Siècle. Una cena teatrale che si ispira ai festini dei sovrani, con i camerieri in abiti d’epoca. Vestiti, detto per inciso, che sono il frutto di due anni di ricerche: le 23 numerous tipologie di uniformi indossate dal personale dell’resort e del ristorante sono state fabbricate in atelier francesi, hanno richiesto un centinaio di disegni preparatori, 5.000 bottoni, 120 metri di galloni e si intonano ai colori delle varie sale. L’intrattenimento messo in campo da Ducasse (280 € la sera, bevande escluse) e orchestrato dal resident chef Stéphane Duchiron si è subito guadagnato la prima stella Michelin e non è che parte di una giornata retrò che gli ospiti delle 14 suites possono cominciare a vivere fin dal pomeriggio, dopo il check-in, quando nel Salon Rouge viene servito il tè accompagnato dalla pasticceria firmata dallo chef. Qui è Maria Antonietta a fare da ispiratrice con le sue ricette preferite, compresa la cioccolata ai fiori d’arancio. Altra esperienza esclusiva riservata agli ospiti dell’resort è la visita privata del castello in orari normalmente interdetti al pubblico: si attraversano la Galleria degli specchi deserta, si entra nella Cappella Reale, fino a raggiungere attraverso passaggi segreti gli appartamenti del Re e della Regina.
Maria Antonietta ci accompagna idealmente verso l’Hameau de la Reine, un angolo meno conosciuto dei giardini della Reggia legato alla storia gastronomica di Versailles. In una parte del Petit Trianon, in contiguità con il giardino all’inglese, la regina si fece costruire fra il 1783 e il 1786 dall’architetto Richard Mique un villaggio campestre. È costituito da edifici in legno ricoperti di tetti di paglia e da un grande stagno centrale per la pesca sorvegliato da una torre che serviva anche da imbarcadero per le passeggiate in barca. L’immagine che si ha oggi, dopo il recente restauro, è quello di trovarsi di fronte a un idealizzato villaggio della Normandia o delle Fiandre. Al centro ci sono gli edifici destinati al piacere della regina (la casa, la sala biliardo, il boudoir) e tutto intorno quelli di una vera e propria azienda agricola: la fattoria, la latteria, le stalle per mucche e pecore, la porcilaia, il pollaio, la pescheria. All’epoca vennero piantate delle vigne e ciascuna delle abitazioni period fornita di un orto per la produzione di frutta e verdura. Maria Antonietta, ispirandosi a Rousseau e alle teorie del ritorno alla natura, amava allontanarsi dalle formalità di corte e trascorrere le giornate in questo villaggio, dove riceveva un ristretto numero di invitati, organizzava delle cene più leggere di quelle di corte, e degustava le produzioni casearie nella Laiterie de propeté. È in quest’space appartata del parco protetta da oltre 50 mila alberi che la Regina venne avvertita da un messaggero di Luigi XVI nel pomeriggio del 5 ottobre 1789 di ciò che stava avvenendo a Parigi. Rientrata nella capitale non rivedrà mai più il suo Hameau.
C’è un altro luogo intimamente legato alla storia gastronomica di Versailles. Con un salto all’indietro nel tempo di circa un secolo ci spostiamo nel Potager du Roi, l’orto reale. Luigi XIV per la costruzione della reggia e dei suoi giardini si affida ai migliori architetti e artisti, Le Vau, Mansart, Le Nôtre, Le Brun. Ma ha bisogno di uno spazio per la produzione di frutta e verdura da servire sulle tavole di corte. Si affida a Jean-Baptiste de La Quintinie, un agronomo specialista dei giardini con ortaggi e alberi da frutto, per bonificare un terreno paludoso a ridosso del centro della città. Oggi la statua di La Quintinie troneggia in un angolo del potager e sorveglia, a distanza di oltre tre secoli, il suo capolavoro. Utilizzando il letame fresco proveniente dalle scuderie, giocando con le numerous esposizioni e utilizzando le serre in vetro, riesce a fornire alla corte delle ricercatissime primizie: le fragole a effective marzo, i piselli in aprile, i fichi a giugno, gli asparagi anche in inverno. Prodezze che gli valgono la riconoscenza del re che, si cube, amasse raggiungere il potager scendendo i cento gradini della reggia, costeggiando l’Orangerie e entrando nell’orto attraverso la Grille du Roi. Appassionato di giardinaggio, il re apprende l’arte di potare gli alberi da frutta in compagnia del suo capo-giardiniere. La produzione dell’orto reale, seguita all’epoca da una trentina di giardinieri, serviva per approvvigionare la Maison-Bouche che riuniva i servizi di cucina per il re, la sua famiglia e la corte. In particolare la Maison du Roi, diretta dal Grand Maître de la Maison du Roi, arrivava advert impegnare, in cucina e per il servizio, circa cinquecento persone. La produzione di frutta e verdura giudicata non all’altezza di finire sulla tavola del re veniva distribuita agli indigenti attraverso un piccolo ingresso al Potager denominato “Le Public”. È curioso notare che, pur con varie vicissitudini in particolare nel periodo rivoluzionario, il Potager du Roi ha continuato a svolgere il suo ruolo per i vari regimi che si sono succeduti, dal Service Impérial alle Tables de la République. E la frutta e la verdura “reali” hanno continuato advert essere vendute sui mercati di Parigi e di Versailles (il Marché Notre-Dame con numerosi banchi alimentari è uno dei più apprezzati dell’Ile-de-France), come succede ancora oggi, dove nel Potager sono impegnati una decina di giardinieri. Aperto al pubblico dal 1991, l’orto del Re produce attualmente 15 tonnellate di frutta e 25 tonnellate di verdure e ha come missione quella di far conoscere ai visitatori una grande varietà di frutti, ortaggi, verdure poco comuni o che in alcuni casi sono delle vere e proprie rarità botaniche.
Oggi, mettendo da parte la storia, qual è l’interesse di Versailles come destinazione gastronomica? Di sicuro in questo momento è una delle mete più ambite nei dintorni di Parigi. Di Ducasse abbiamo detto. C’è un altro nome stellato che firma i suoi piatti nel ristorante dell’resort più prossimo ai giardini della reggia. Gordon Ramsay ha da diversi anni legato il suo nome al Waldorf Astoria Trianon Palace, lo storico resort datato 1910 che in oltre un secolo di vita ha avuto come ospiti, fra i tanti, Marcel Proust e Sarah Bernhardt, Marlene Dietrich e René Lacoste. Oltre al ristorante gastronomico, Ramsay sovraintende anche alla brasserie La Véranda con vista sui magnifici giardini dell’albergo. Nel verde esterno per tutta l’property vengono organizzate le serate del Trianon Champêtre durante le quali il resident chef Frédéric Larquemin propone barbecue di carne, pesce, frutti di mare, verdure accompagnati da bollicine. L’esperienza si fa davvero completa trascorrendo la notte in una delle suites che affacciano direttamente sui giardini del Trianon dove si potranno veder pascolare “les moutons de Marie-Antoinette”, le pecore che oggi come più di due secoli fa brucano l’erba in quest’angolo del parco. Simone Zanoni è oggi uno degli chef italiani più conosciuti in Francia. Si è formato con Gordon Ramsay e a Versailles ha guidato le cucine del Trianon Palace prima di passare a Le George, il ristorante del 4 Season George V di Parigi. Ma continua advert abitare a Versailles dove nel suo orto personale produce verdure, frutta, erbe officinali, miele oltre advert allevare – come gli ha insegnato il padre – galline e conigli. Lo stesso concetto viene applicato per le forniture dell’resort utilizzando i terreni (circa 3.000 metri quadrati) all’interno del Domaine de Madame Elisabeth, un altro degli indirizzi meno conosciuti di Versailles, a due passi dal castello. La tenuta che si estende complessivamente per 8 ettari deve il suo nome alla sorella di Luigi XVI, la prima proprietaria del luogo, oggi sotto il controllo del Dipartimento dell’Yveline. Zanoni produce qui con metodi innovativi quasi tutte le verdure per il ristorante parigino: niente uso di pesticidi, anfore interrate per trasmettere umidità al terreno e risparmiare acqua, musica per coccolare le piante. E i clienti che lo desiderano hanno anche la possibilità di visitare l’orto nel domaine, raccogliere le verdure e consumarle in un tavolo conviviale sistemato nel verde.
Sempre a Versailles, lo chef nato a Salò ha aperto ha aperto Chez César by Simone Zanoni un ristorante-pizzeria dove propone una decina di tipi di pizze, primi di pasta fresca, risotti, gnocchi e piatti italiani. Un’altra esperienza all’insegna dell’italianità la si può fare a La Petite Venise direttamente all’interno dei giardini della reggia, in un luogo un po’ defilato ma vicinissimo al Grand Canal dove si noleggiano le barche per una passeggiata sull’acqua con vista spettacolare sul palazzo. Il ristorante è fresco, tranquillo, ombreggiato e dalla cucina arrivano piatti ben eseguiti come il polpo marinato, il carpaccio di orata, il filetto di branzino.
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